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Novembre 2007
Cannolicchio
Emanuele Velardita
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Denominazione scientifica e habitat
Il cannolicchio (Solen Marginatus – seguendo la catalogazione di Pannant – o Ensis Siliqua – secondo quella di Linneo –) è un bivalve dalla caratteristica forma oblunga simile ad un coltello (altro nome con cui viene riconosciuto regionalmente).
Il corpo è caratterizzato da una conchiglia morbida, allungata e molto liscia, di colore che cambia a seconda dell’età del soggetto e del fondo in cui si riproduce, la sua lunghezza può raggiungere i 15-20 cm negli esemplari più adulti.
La parte più interessante del mollusco si identifica come il “piede”, ovvero una propagine lunga ed estroflessa con cui esso scava, si aggrappa al suolo e, in casi estremi, cerca di difendersi interrandosi velocemente.
Come tutti i bivalve, anche i cannolicchio si nutre per filtraggio, utilizzando allo scopo due sifoni che fa sporgere dalla coltre sabbiosa che lo ricopre e che genera, nell’azione, due caratteristici forellini nella sabbia, la cui bordatura assume una caratteristica forma ad 8 e che lo rende facilmente individuabile ai pescatori.
Presente in Mediterraneo lungo tutte le coste italiane, vive immerso nella sabbia, da cui esce fuori, e alle volte anche piaggiato, durante le forti mareggiate che rimescolano il fondo.
Stato del mare e specie insidiabili
Vivendo immerso nella sabbia a profondità comunque non significative, rappresenta la base della piramide alimentare per molte specie insidiabili dalle coste.
Questa caratteristica, associata all’ottima capacità catturante sia vivo che morto, ne fa un’esca tipica della pesca da spiaggia, pratica, universale e selettiva, indirizzata certamente ai classici sparidi, ma anche a pleuriformi e scenidi.
Inoltre la presenza costante lungo i litorali ne fa un’esca destinata a rendere con qualsiasi condizione meteomarina.
Terminale, numerazione e tipologia di ami
Tecnicamente, è un’esca che da il meglio della resa in combinazione con finali lunghi e montati bassi in prossimità del piombo.
Che sia nylon o fluorocarbon Il finale verrà confezionato, per diametri e lunghezza, soprattutto in base al tipo di innesco che si vuol effettuare e alle condizioni che si stanno affrontando; giusto per dare una linea di massima si può ipotizzare l’utilizzo di diametri posti tra lo 0,25 e lo 0,35.
Medesimo ragionamento per la misura dell’amo che partirà dal 6 (o anche 8 per gli inneschi più piccoli) fino a giungere anche a misure ben più importanti (raramente sopra l’1 comunque).
Parlando dell’amo, trattandosi di un innesco morbido che prevede l’uso di fili elastici indipendentemente dalla vitalità dell’esca, le fogge preferibili saranno quelle a gambo lungo e filo sottile per facilitare l’ingoio e per renderne la presentazione il più naturale possibile, non omettendo mai di considerare che la robustezza complessiva dell’amo è una condizione essenziale alla buona riuscita dell’insidia. Quindi, a meno di non voler insidiare specie come le mormore, escluderemo dalla scelta ami come gli Aberdeen – che si sono rivelati in ben più di un caso troppo elastici e poco robusti se si cerca la taglia – per rivolgerci verso ami dal gambo medio/lungo;i n questo caso ottimi gli Spearpoint (che facilitano l’ingoio) e gli intramontabili, nonché robustissimi, O’Shougnessy.
Ottimi generici, i Beak di tutte le misure.
Modalità di innesco
È un campo vasto, in cui la fantasia e l’esperienza personale la fanno da padrona.
Il sistema più classico prevede l’asportazione del mollusco dalla conchiglia, il suo passaggio nel classico ago da innesco e una rassodata con il classico filo elastico (senza lesinare sulla quantità ma senza serrare troppo, per evitare che tagli l’esca).
Tante le variazioni sul tema, tra cui quella che prevede l’innesco del bivalve integro della conchiglia che verrà spezzata e rotta per simulare un esemplare in difficoltà (e che pare aver avuto parecchio successo con razze e ombrine) e quella che prevede l’innesco di più esemplari in tandem per aumentare la porzione d’innesco e, quindi, la selezione.
Conservazione
Sebbene delicato, possiamo conservarlo sia da vivo che da morto.
Da vivo, il miglior sistema è quello di creargli un habitat simile a quello in cui vive; quindi, abbondante sabbia e acqua che verranno sostituiti con una certa frequenza per garantirgli l’apporto proteico.
Per il congelamento il sistema migliore è, quando ancora è vivo, di distribuirlo in mazzetti da 5 pezzi, avvolgerli nella carta stagnola, e metterlo in congelatore.
Con questi sistemi, una volta scongelato, lo troveremo sempre sodo e ottimo per l’innesco.
Il procedimento potrà esser effettuato anche con elementi già congelati (o scongelati e ricongelati) avendo cura di eliminare soltanto quelli che, dopo una serie di congelamenti/scongelamenti, appariranno poco consistenti e gelatinosi.
Come reperirlo in natura
Non è facile reperirlo in natura.
Il sistema migliore è quello di cercare tracce della loro presenza sui fondali sabbiosi e poco profondi.
L’indizio che ne tradisce la presenza è dato da una coppia di forellini sulla sabbia con le bordure che disegnano un 8; sono i sifoni che il cannolicchio utilizza per assorbire, filtrare e rilasciare l’acqua al fine di alimentarsi.
Un lavoraccio, se si considera il fatto che non vive in vere e proprie colonie.
Ma, per la reperibilità, ci viene incontro il fatto che non è solo un’esca importante ma, soprattutto, un elemento prelibato e ricercato della cucina mediterranea.
Questo, ci permette di trovarlo, vivo, nei mercati ittici ad un prezzo comunque abbordabile e, già congelato, probabilmente non autoctono ma d’importazione ed ad un prezzo più contenuto, nei negozi che trattano alimenti surgelati..
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