|
|
|
|
|
|
|
Giugno 2008
Lo Sgombro
Emanuele Velardita
|
|
Poco utilizzato e conosciuto fino a qualche anno fa, lo sgombro è balzato recentemente agli onori della cronaca grazie al fortissimo ascendente esercitato sui serra, divenendone l’esca principale insieme al cefalo ma, rispetto a quest’ultimo, più facilmente reperibile.
Infatti, essendo un pesce azzurro molto comune lungo tutte le coste, si trova facilmente nelle pescherie, a prezzi abbastanza contenuti.
le misure sono variabili, partendo dai piccoli esemplari fino a raggiungere esemplari anche di mezzo kg.
La durata e resistenza al caldo, lo rendono un ottimo succedaneo alla sarda.
Infatti, rispetto a quest’ultima, non si frolla al minimo sbalzo di temperatura, è facile da congelare - basta semplicemente pulirlo e imbustarlo – e, una volta scongelato, ritorna perfetto e turgido come da fresco.
Inoltre, la pelle è dura e dalla livrea molto sgargiante.
Innescato pelle fuori, da una parte ne sfruttiamo il richiamo visivo esercitato dai colori, dall’altro proteggiamo l’esca dagli attacchi esterni di minutaglie e granchi.
In tal modo, l’innesco dura molto di più dei canonici cinque dieci minuti della sarda, e rimane intatto anche se recuperato dopo un’ora dal primo lancio.
INNESCO
Gli esemplari piccoli, sono ottimi per la pesca invernale, innescati interi e messi in pesca nella prima fascia.
In questo caso, l’innesco è molto semplice, non prevede deliscamento – anche perché, la carne degli gli esemplari più piccoli, tende a sfaldarsi in scaglie – ma soltanto l’eliminazione di testa e coda, nonché un lungo taglio nella parte ventrale.
Inutile eliminare le interiora; ricche di sangue, ci serviranno da richiamo olfattivo. Ci limiteremo a passare il finale lungo il taglio con l’amo sporgente dalla parte della testa, e chiudere il tutto con il filo elastico.
Volendo, prima di usare il filo elastico, potremo fare dei piccoli tasselli lungo i fianchi per facilitare l’uscita dell’olio, così da aumentare ulteriormente la scia odorosa.
Per gli inneschi più complessi – tipo quello dedicato al serra, descritto nelle foto – opteremo per gli esemplari grossi, la cui carne è molto più soda e non teme la sfilettatura.
Ciò di cui abbiamo bisogno è uno sfilettatore “vero” e molto affilato e un tagliere di generose dimensioni.
Vicino la coda, su uno dei fianchi, pratichiamo un piccolo taglio profondo, dal quale inizieremo a tagliare il filetto.
Il taglio sarà netto e deciso, con la lama che camminerà sfruttando come base la lisca del pesce, e si fermerà circa a metà del fianco.
Il risultato, sarà un triangolo di carne alto e spesso, ma poco ampio e difficile da richiudere in se stesso, a maggior ragione se dovremo flotterizzarlo.
Per risolvere il problema, lo sfiletteremo di nuovo dividendolo per le due metà – agendo come i macellai quando “aprono” i petti di pollo – per ottenere, alla fine, una “fetta” molto più ampia della precedente, ma anche meno spessa e più facile da involtare e richiudere su se stessa.
dunque, messi all’interno galleggiante e finale, involtiamo tutto e richiudiamo accuratamente con il filo elastico.
Il risultato, come si vede in foto, sarà un innesco molto grosso e consistente, composto in parte da pelle e in parte da carne, che ci permetterà di creare la scia olfattiva necessaria, ma anche di sfruttare al massimo il richiamo visivo della livrea.
A questo punto, non resta che lanciare e aspettare che accada il miracolo
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|