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Novembre 2006
Capo Peloro (ME)
Massimo Saija da Messina
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Nella mente di ogni uomo o donna nelle cui vene scorre la passione della pesca vive un luogo dove la possibilità, sempre remota, dell’incontro con la preda della vita è possibile. Luogo dove il mito sparisce e lascia largo ad una realtà fatta di prede eccezionali e di mulinelli che cedono filo ad un predatore che ha appena inghiottito un pesciotto di alcuni etti!
Bene qui nel messinese esiste un luogo con queste caratteristiche! Dove l’incontro con il mostro non è una cosa occasionale ma una costante calibrata e calcolata nella mente e non nel fato.
Stiamo parlando del grande arenile di capo peloro, nonché la punta settentrionale della Sicilia!
Questa spiaggia si trova nel punto di incontro di due mari distinti e separati, il Mar Tirreno e lo Stretto di Messina.
Il paesaggio che ci avvolge appena arrivati, lascia letteralmente a bocca aperta. Davanti ci troviamo la sponda calabra, lontana solo poco più di un chilometro ma sembra poterla toccare allungando un braccio. Alzando lo sguardo lo spettacolo del grande traliccio dell’enel alto 200 mt circa ci fa sentire come delle formiche lasciandoci letteralmente senza fiato come dei bambini davanti ad un gigante. Camminando sulla spiaggia la mente viaggia subito e immagina i due mostri scilla e cariddi che in questo tratto di mare affondavano le navi e terrorizzavano i pescatori.
Osservando il mare ci si rende subito conto che in realtà ci sono due spiagge! Una rappresentata dal lato tirrenico e l’altra dal versante dello stretto. Questi due lati anche se molto simili vanno valutati in due modi differenti. Una cosa che li accomuna è la forte influenza delle correnti. Infatti nello Stretto di Messina con il cambiamento delle fasi lunari la corrente cambia di intensità e di verso. Può essere o scendente o montante. La prima quando si sposta da sinistra verso destra, quindi da nord a sud, la seconda viceversa. Questa cambia verso circa ogni sei ore. La sua intensità invece è massima in corrispondenza della luna piena e va a diminuire con lo scendere della stessa. Quando è al suo massimo acme può raggiungere i 6 nodi.
Entrambi i versanti si presentano come due spiagge molto profonde a fortissima energia. La barimetrica degrada in modo molto rapido, si deve tenere conto che a tre metri da riva in alcuni punti ci sono tre metri di profondità. Quando il vento soffia e il mare respira ci si trova davanti ad un unico e solo frangente, alto anche 3 metri con un’onda lunghissima che in alcuni casi ha un’escursione di più di dieci metri.
I due lati sono esposti in pratica a tutti i venti. Lo scirocco e tutti i meridionali influiscono sul lato dello stretto, invece quelli provenienti da nord influiscono sul lato tirrenico. Il fondo in entrambi i lati si presenta abbastanza aperto, formato in prevalenza da ciottoli e sabbia con scogli sparsi. La poseidonia si fa notare in vari punti dove vi albergano granchi, paguri, murici e piccoli bivalve.
Qui si possono effettuare tutte le tecniche che esistono. Partendo con la pesca a traina dalla barca alla bolognese da riva. Ma date le caratteristiche del posto il Surf Casting e la pesca a fondo pesante trovano il giusto luogo di culto.
L’attrezzatura da usare deve essere sempre robusta e impeccabile. Anche con il mare calmo spesso la forte corrente giustifica l’uso di piramidi e spike da 175 gr.
Il tratto di mare che interessa questo arenile è il punto di passaggio per tutti i pesci che si spostano dal tirreno verso lo stretto o al rovescio. Non esiste una preda mirata.
Durante le freddi notti invernali sono tanti gli appassionati che tentano la spigola con il vivo, ma spesso sono un serra o un barracuda a tranciare tutto. Oppure mentre si tenta il sarago è la regina a gradire l’innesco di acciuga.
Per arrivare in questo piccolo paradiso basta seguire come la stella cometa l’enorme figura del grande “Pilone”.
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