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Agosto 2010
Uno,due,tre...Serra!
Nello Cataudo e Sebastiano
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Giusto l’altro ieri incontrai, per caso, mio cugino Sebastiano, lungo le vie del paese. Io ero appena tornato dalla mia località di villeggiatura, sui Nebrodi, e lui da un viaggio di vacanze all’estero. Il suo primo pensiero nel vedermi, non fu quello di chiedermi come avevo trascorso quei giorni ma…..
“Ciao! Come va?...A posto!…Certo adesso che però siamo di nuovo qui, e ci rimangono ancora una decina di giorni di ferie, possibile che non troviamo l’occasione per scappare a pesca? E quantomeno un paio di volte?”
“Quando dici tu” gli risposi, “tanto i giorni in questo periodo sono tutti liberi, purchè non sia a ridosso del fine settimana”.
Optammo per la prima occasione utile, e cioè il pomeriggio seguente.
Partenza alle 18,00 in punto, in direzione delle “nostre” spiagge del sud. Le previsioni meteo davano mare calmo, pertanto non si poteva fare altro che optare per le mormore innanzitutto, e se poi si trovava in qualche pescheria qualche sgombro o spigola, la si giocava per l’evento a sorpresa.
Arrivammo sullo spot prescelto a tramonto inoltrato. Qua e la ancora gruppetti di bagnanti che insistevano ancora in acqua fra tuffi e schiamazzi. Alcune tendopoli di familiari, chissà se ancora retaggio del ferragosto appena passato, o incalliti del camping fai da te, ci limitavano nella scelta della postazione giusta. Poi però, visto e considerato che si trattava di una vasta spiaggia rettilinea, e che tutto sommato non vi erano precisi punti più redditizi degli altri, ci infilammo nel primo buco di gente che si riuscì a liberare (alla nostra sinistra).
La serata non si profilò un gran che. Le solite tocche leggerissime ed appena accennate, sulla mia pur sensibile Beastmaster 120g, che alla fine ti facevano trovare appese lì sull’amo, le solite mormorette da qualche centinaio di grammi se andava bene. Lo stesso accadeva sulle canne di Sebastiano, tanto che si decise di rimanere in pesca giusto il tempo di finire i due pacchi di arenicola e quello del muriddu che avevamo. Le canne con i tranci se ne stavano immobili come due sentinelle, sin dall’inizio della battuta, agli estremi del nostro schieramento.
Ma, alle 1,30, quando tutto ormai sembrava compiuto, vidi sbandierare in maniera violenta la mia Antares 200g con il trancio di spigola sgallato. Mi precipitai ad bloccare con la mano la bobina, che nel frattempo girava e cedeva filo per quei violentissimi strattoni, e ferrai.
“Che fa, ce l’hai?” mi chiese mio cugino.
“No, credo di no!. Non avverto più le testate. Ritirai comunque il terminale, per vedere sino a che punto poteva essere stato rovinato da quell’attacco. Pur trattandosi di un innesco a due ami, posti a L e posti 3 cm circa l’uno dall’altro, il predatore non era riuscito ad allamarsi. Tuttavia le condizioni dell’innesco erano ancora ottime, nonostante il violento attacco e le 4 e passa ore di permanenza in acqua, quindi rilanciai.
Quella scarica di adrenalina, quando stavamo giusto per smontare, ci convinse ad insistere ancora un po’. Visto che i serra erano in caccia montai un’altra canna con il trancio sgallato, sia per avere una doppia chance, sia per il fatto che l’esca che aveva subito appena qualche minuto prima l’attacco, aveva fatto già il suo tempo in acqua. Rimanevano ancora un po’ di vermi, e decidemmo di lasciare ancora una sola canna per i grufolatori, per quelli che potevano ancora esserci, vista la presenza dei predoni. Del resto, Sebastiano, aveva con se due sole canne, una con il trancio e una con il verme, e stavano ambedue già in pesca, e a quel punto io ne avevo due con il trancio.
Alle tre in punto, un po’ dopo il tramonto della luna, decidemmo di nuovo di battere ritirata. Ritirai una delle canne con il trancio, e stavo tagliando con la forbice il filo elastico che lo fissava per bene ai due ami. In acqua ne rimaneva un’altra, fra l’altro innescata ad amo singolo, soluzione che sin da subito non mi era parsa abbastanza convincente, ma che si trovava lì in acqua, giusto perché non trovavo l’altro terminale a doppio amo.
Ad un tratto mio cugino cominciò ad urlarmi che la mia canna era tutta piegata in avanti: “Serra! Serra! Hai di nuovo un serra nella canna! Corri!”
Abbandonai all’istante lo smontaggio dell’innesco e mi precipitai sull’altra canna per giocarmela di nuovo. Stavolta avvertii subito che dall’altro capo della lenza c’era qualcosa di grosso. Talmente grosso, che dopo qualche accenno di resa, si bloccò del tutto, tanto che non riuscì più a guadagnare un solo metro di filo. Aspettai qualche minuto ancora, sperando che cedesse, ma niente da fare. Se ne stava li piantato davanti a me, come legato ad un picchetto. Notai però che la mia lenza si dirigeva a momenti verso destra, e dopo un pò verso sinistra. Si dava un bel da fare l’amico! Non stava certamente immobile con le pinne piantate sulla sabbia, ma cercava di fare il possibile per sganciarsi. Da parte mia portai al limite il mio “vetusto” ma fido Daiwa GS3000. Il veloce rapporto di recupero 5,2:1 non giovava certamente a mio favore, ma del resto si era partiti da casa giusto per un po’ di pesca leggera, e i mulinelli più robusti erano rimasti in garage.
Fui costretto a pomparlo, per come si usa fare con i Marlin al Big Game, guadagnando metri di lenza soprattutto quando abbassavo il cimino verso il basso. Alla fine, stanco ed esausto apparve in tutta la sua mole sulla battigia. Sebastiano, senza raffio si precipitò ad agguantarlo quantomeno per lo shock leader e a trascinarlo di peso in secco.
Che spettacolo, e che emozioni con questi pescioni!
Inutile dire che dalle tre del mattino in poi rimanemmo ancora un po’, sperando in una ulteriore cattura, ma il mare a quanto pare ci aveva già regalato abbastanza.
Sono stato molto felice di aver avuto poi problemi a riporlo in macchina, visto che dal secchio usciva fuori per più della metà.
A casa le misurazioni di rito: Kg 4,8 per 80cm di lungezza.
Io e Sebastiano, dato che di cattura di squadra si tratta, possiamo dire di aver scappottato meritatamente dopo un lungo periodo insistenza.
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